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“La città ideale”, il thriller morale del neo regista Luigi Lo Cascio

Luigi Lo Cascio diventa regista. Non è una novità, tanti interpreti del cinema italiano e internazionale passano dietro la macchina da presa, sempre più spesso. Di nuovo c’è che l’indimenticabile protagonista dei “Cento passi” non è andato a scovare l’ennesimo romanzo di successo, ma ha concepito una storia tutta personale e dunque certamente più sentita. Già passato in concorso a Venezia per la Settimana della Critica, il lungometraggio “La città ideale” (dall’11 aprile nelle sale con Istituto Luce) è stato definito da più parti e con il benestare dell’autore un “thriller morale”. Thriller perché contiene tutti gli elementi della storia di mistero (l’omicidio irrisolto, la suspense, la capacità di suscitare emozioni), morale perché è soprattutto una storia di libertà. E se poi riflettiamo sulla battuta che un avvocato cinico rivolge al protagonista, possiamo anche aggiungere l’aggettivo amaro. “Lei a volte mi sembra disumano – dice il personaggio – perché il cervello degli umani va sempre in cerca di vittoria, quasi mai della verità”.

La verità è quella di Michele Grassadonia (sempre Lo Cascio), palermitano emigrato da vent’anni a Siena (la “città ideale” del titolo) ed ecologista maniacale, deciso a portare avanti una specie di esperimento: vivere senza energia elettrica né acqua corrente, non fumare e non guidare l’auto. Tuttavia una notte di tempesta è costretto a prenderne una, naturalmente elettrica. Mentre guida, vedendo un fagotto sul ciglio della strada e convinto sia spazzatura, torna indietro per fare pulizia. Si tratta di un uomo in fin di vita, un pezzo grosso forse investito da un pirata della strada. Michele chiama subito i soccorsi, ma per una serie di circostanze fatali finisce per essere accusato di omicidio colposo. Comincia un incubo senza fine con il protagonista che cerca disperatamente di salvarsi dicendo il vero (ma viene frainteso) e gli avvocati che gli consigliano di “correggere” la sua versione dei fatti.

Alla “vittoria” Michele preferisce la verità, che però quasi mai porta alla vittoria. E’ questo il leitmotiv del film e Lo Cascio sa ben svilupparlo: nello script, nella regia e nel suo volto, intenso e più eloquente di qualsiasi dialogo. I ritmi sono più lenti del classico thriller, ma coinvolgono allo stesso modo. Ottimo esordio: oltre che magnifico interprete, Lo Cascio si rivela un buon direttore di attori, da quelli navigati come Luigi Maria Burruano (nella parte dell’avvocato dalla dubbia moralità) ai più acerbi come Aida Burruano, sorprendente mamma fuori e dentro la finzione.

ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Paolo D’Agostini, la Repubblica
Magari alla fine non si resta del tutto soddisfatti ma La città ideale ha il pregio di partire e procedere, almeno fino a un certo punto, in modo coinvolgente. E incuriosisce, con la sua costruzione non banale di un’atmosfera kafkiana.

Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa
Del film non sapremmo dire se risulta più irritante l’ottusa macchina di giustizia o l’ottuso idealismo di Michele; e l’impressione è che Lo Cascio non abbia saputo ben equilibrare i toni onirico/grotteschi del racconto. Resta però l’interesse di un’opera originale, diversa dalle altre, con belle partecipazioni di attori.

Fabio Ferzetti, Il Messaggero
(…)dialoghi così ben torniti che si perdona anche qualche insistenza. Un film “politico” a suo modo, tanto più forte quanto più obliquo. A cui gli equilibrismi e i vicoli ciechi della scena politica attuale regalano nuova e paradossale attualità.

Massimo Bertarelli, il Giornale
Dimostra di saperci fare l’esordiente regista Luigi Lo Cascio, che dirige se stesso in una comedia a mezza via tra Pirandello e Kafka.(…) Il film tiene fino in fondo, nonostante il ritmo lento. Ma i senesi come la prenderanno?

Alberto CresPI, l’Unità
E’ tutto mentale, ma tutto tremendamente vero. La città ideale è il corrispettivo filmico di quei processi mentali in cui frenate appena in tempo per evitare un tamponamento, e non è successo nulla, ma la mente comincia a lavorare: Dio mio, e se lo prendevo, e quello moriva, e bisognava attendere la polizia, e facevo tardi, e la casa andava in fiamme perché ho lasciato la pentola sul fuoco, e bruciava tutto il quartiere, la città, il mondo… Non è Kafka: è la vita, con i suoi percorsi paralleli e le sue “sliding doors”. Era meglio se non usciva, Michele. Era meglio se rimaneva a Palermo. Era meglio… E’ meglio che vediate questo film, è proprio bello.

Federico Pontiggia, Cinematografo.it
Egocentrismo o insicurezza? Tutti e due, ma quel che non ci aspetteremmo è la malleabilità atmosferica, la permeabilità emotiva del film, ovvero del suo registro, alla comparsa di questo o quel caratterista, su tutti l’avvocato Luigi Maria Burruano: l’attore divenuto regista si fa scippare dal collega il mood della Città, che nel caso di Burruano piega sensibilmente verso il comico-grottesco. Con la smania di comando e controllo di Lo Cascio altrove così evidente, non è pecca di poco conto. Infine, la natura di fanatico eco-guerriero di Michele rivela una fastidiosa superficialità ideologica e disutilità drammaturgica, mentre addirittura incomprensibile è la presenza di un’artista bella, cavallona e bobo (Catrinel Marlon) che ritrae le aggressioni del mondo animale (ennesima metafora, con tanto di animazioni strappate dai quadri). Dunque, buona la prima? Ni.

Marzia Gandolfi, MYmovies.it
L’esordio alla regia importante e maturo di Lo Cascio.

Valentina D’Amico, Movieplayer.it
Lo Cascio dimostra di possedere notevole intuito registico e di avere ben chiari gli obiettivi da perseguire. La scelta di aderire a un genere diviene strumento per raccontare una storia profondamente personale, legata alle sue origini e alla sua percezione della vita da emigrante.

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