Home Uncategorized Al cinema arrivano le sataniche “Streghe di Salem” di Rob Zombie

Al cinema arrivano le sataniche “Streghe di Salem” di Rob Zombie

Dopo il dittico di Halloween Rod Zombie torna al cinema con “Le streghe di Salem”, horror sovrannaturale di cui è protagonista, ancora una volta, la moglie Sheri Moon Zombie.

La storia, di cui come per ogni film di genere ci piace rivelare poco, inizia quando Heidi (la protagonista) riceve alla stazione radio in cui lavora come Dj un misterioso disco in vinile che trasmettendo onde ipnotiche le fa progressivamente perdere il contatto con la realtà, rendendola confusa e debilitata. Inizia così il percorso per il ritorno delle streghe di Salem…

L’autore, regista e cantante statunitense Rob Zombie firma un horror satanico vintage, blasfemo, visionario ed ipnotico in cui la musica ha un ruolo fondamentale e non mancano citazioni cinematografiche, su tutte quelle a Ken Russell e al Kubrick di “Shining” e “Arancia Meccanica”. Certamente Zombie ha una cifra estetica interessante, valorizzata dall’ottima fotografia di Brandon Trost, che richiama gli anni ’70, ma le atmosfere dark, acide e la musica metal non bastano a fare un film, soprattutto quando a mancare è un elemento indispensabile per l’horror e il thriller, ossia la suspance. Inutile e noiosa la scansione temporale in giorni; la parte migliore del film si concentra sul delirante finale ricco di immagini che rimangono impresse. Soprattutto in virtù di questo, va dato atto a Zombie del valore di un’operazione che se la ride degli horror di oggi, fatti di ipertecnologici effetti speciali, puntando tutto su immagini di potente inventiva.

“Le streghe di Salem” (The Lords of Salem) è nelle sale dal 24 aprile con il divieto ai minori di 14 anni, distribuito da Notorius in 200 copie.

CURIOSITA’:
E’ l’ultimo film al quale ha partecipato Richard Lynch, grande interprete di molti altri film horror. Malato da tempo, nella pellicola interpretava il Reverendo John Hawthorne, ma dovette abbandonare il set e Zombie girò nuovamente le scene con Andrew Prine.

ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Gianluca Arnone, Cinematografo.it
L’insostenibile bluff del satanismo in un’operazione diabolica ma pedante: delude Rob Zombie

Emanuele Sacchi, MYmovies.it
I momenti di puro orrore non mancano, ma la naiveté de La casa dei 1000 corpi, in cui prevaleva la volontà di riempire lo schermo di mostri e caricature del passato glorioso del gore, ha lasciato il posto a un nuovo Rob Zombie. Rarefatte ma saggiamente distribuite le sequenze di puro orrore, mentre a prevalere sono l’inquietudine costante e una deriva visionaria e allucinata, che ha forse il difetto di aprire all’eccesso gli occhi sull’operazione di Zombie, denudando gli ingranaggi della macchina. Ma che dice molto sull’evoluzione stilistica di un autore da cui passano necessariamente le sorti dell’horror futuro. Un instancabile cantore del Male di cui seguire le mosse, passo dopo passo.

Gabriele Ferrari, Best Movie
per quanto raffinato sia il suo tocco registico, Zombie resta un rocker caciarone con il gusto della provocazione, che infarcisce il suo film da un lato di citazioni e riferimenti alla sua musica preferita (si va dai Rush agli Slayer ai Primus al black metal, quasi un manuale di musica pesante degli ultimi quarant’anni) e dall’altro di immagini semplici(stiche) ma efficaci, prese di peso dal Manuale del satanista dilettante.

Francesco Lomuscio, EveryEye
Chi ha amato La casa dei 1000 corpi (2003) e La casa del diavolo (2005) potrebbe rimanerne deluso, perché qui c’è poco spazio per l’azione ed il grande spargimento di cadaveri. Ma gli amanti dell’horror d’atmosfera degli anni Settanta costruiti sui tempi dilatati e l’inquietante attesa non potranno fare a meno di essere conquistati dal film di Rob Zombie, il quale concretizza nei confronti del cinema demoniaco del passato un’operazione che, in fin dei conti, non risulta poi tanto distante, nello spirito, da quella concepita da Quentin Tarantino e Robert Rodriguez tramite il loro Grindhouse (2007) per omaggiare l’exploitation che fu.

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