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“Miele”: prima al cinema e poi a Cannes l’interessante esordio alla regia di Valeria Golino

Valeria Golino esordisce alla regia di un lungometraggio con “Miele”, film sul suicidio assistito in concorso al prossimo Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. Prodotto da Viola Prestieri e dal compagno della neo regista, Riccardo Scamarcio, il film è liberamente ispirato al romanzo “A nome tuo” di Mauro Covacich e racconta di Irene, una trentenne che ha deciso di aiutare le persone che soffrono per gravi problemi di salute e vogliono porre fine alla loro esistenza. A mettere in discussione le convinzioni della ragazza sarà un settantenne in buona salute ma depresso che non vuole più vivere.
Nel cast un’androgina ed intensa Jasmine Trinca nei panni della protagonista, Carlo Cecchi, Libero De Rienzo e Vinicio Marchioni.

Nell’affrontare temi spinosi e impegnati come quello del diritto al fine vita e della depressione, Valeria Golino firma un esordio difficile, rischioso e coraggioso, che le rende onore e lo fa con una regia sobria, asciutta e non prendendo mai posizioni pro o contro l’eutanasia ma mostrando allo spettatore le varie prospettive e costringendolo a porsi degli interrogativi.

Delicata e volutamente formale la ricerca estetica. Poco convincente invece l’eccessiva colonna sonora, non per i brani (che comprendono pezzi di Talking Heads e Thom Yorke), ma per l’eccessiva quantità. Complessivamente un debutto interessante.

“Miele” è nelle sale cinematografiche dal 1° maggio, distribuito da Bim in 100 copie.

ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Paolo Mereghetti, Corriere della Sera
Inutile andar troppo per le lunghe. Il film con cui Valeria Golino esordisce alla regia, Miele, racconta la storia di una trentenne che favorisce la morte di persone inguaribili. Un film sull’eutanasia. Eppure anche questa cruda essenzialità rischia di portare fuori strada: se fosse davvero un film sull’eutanasia, potremmo aspettarci una qualche presa di posizione pro o contro, un film-dibattito che magari prende spunto dalla cronaca, coinvolga vari livelli di responsabilità (la legge, la morale, la salute), chiami in causa lo Stato, la Chiesa, la Medicina…
Invece il tema del film è molto più semplice e insieme molto più complicato, disturbante (…).

Marco Chiani, il Fatto Quotidiano
(…) Dopo il sensibile corto Armandino e il madre, Valeria Golino esordisce nel lungometraggio con un’opera difficile e riuscita (…).

Panorama.it
L’attrice debutta alla regia. Con una storia di morte assistita e interiorità. Un esordio coraggioso, con qualche sbavatura ma tanto di buono.

Valerio Sammarco, Cinematografo.it
Essenziale e doloroso: Valeria Golino esordisce al lungo con ottimo stile, pochi fronzoli e qualche schematismo.

Emanuele Rauco, Radio Cinema
Il film prende come pietra angolare uno dei temi più scomodi per la cultura italiana ed europea e lo declina non solo in senso tecnico e morale, ma anche psicologico e personale: la morte come diritto, non solo come fine vita, la libertà di poterla gestire e di essere padroni del proprio corpo, diventano anche una riflessione sui propri limiti, sulle contraddizioni di ogni convinzione, di ogni scelta, di ogni ideologia. Affrontare le proprie contraddizioni e quelle dei propri valori per potersi liberare del peso simbolico e non solo della vita: Valeria Golino sa di essersi scelta un campo minato per il film di debutto, dopo il premiato cortometraggio Armandino e il MADRE, e allora cerca un tono equilibrato ma non pavido, tra l’emotività straziante del gesto che racconta e la freddezza apparentemente cinica del lavoro della protagonista, tra la pietà e la schiettezza.


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