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Drift: quando il surf non è solo una passione

Anni Settanta, Australia, Surf. Xavier Samuel e Sam Worthington portano sul grande schermo un film che osanna questo sport come non si vedeva da “Point Break”.

Mare, sole, spiaggia. Vento fra i capelli e salsedine. La vita del surfista è fatta anche di questo, del freddo che ti entra nelle ossa quando cavalchi le onde in inverno e del superare il limite naturale imposto dalla paura quando si staglia dinanzi a te un’onda alta quanto un palazzo.

Il surf non è solo uno sport, ma uno stile di vita, ed è sempre stato percepito in questo modo, soprattutto nel periodo della sua massima espansione globale, tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso.

Jimmy (Xavier Samuel) e Andy Kelly (Myles Pollard) crescono in una delle città con le onde più difficili dell’Australia. Questo permette loro di diventare surfisti esperti, in grado di poter competere a livello internazionale, soprattutto il minore dei due, Jimmy, che viene selezionato per entrare a far parte del campionato professionisti. Su questa spinta Andy prende la decisione di scommettere sul potenziale del fratello e far diventare la propria passione un lavoro…a conduzione famigliare. Insieme alla madre, sarta esperta, ridisegnano le tute acquatiche, in modo da permettere ai surfisti di non congelare mentre surfano in inverno. I fratelli reinventano anche lo stile delle tavole e creano una propria linea di abbigliamento. Gli ostacoli ovviamente non mancano, soprattutto quando entrano nel giro della droga di un criminale locale per colpa di un errore di Jimmy, ma sarà il loro amico e fotografo JB (Sam Worthington) ad aiutarli e sistemare le cose.

Quarant’anni fa non esistevano i social network né internet, e le tendenze e le mode si propagavano in maniera meno rapida e globalizzata. Nell’ambito del surf questo diede modo a case di produzioni famigliari di instaurarsi in contesti localizzati, per poi espandersi su larga scala senza venir sopraffatti da multinazionali. Questa è la storia di quelle aziende che oggi sono un must, non solo nel mondo del surf, nate tutte da piccole imprese famigliari e divenute poi internazionali. Un esempio? Billabong, Quiksilver, Roxy, Maui. “Drift – Cavalca l’onda” è un film che raccoglie la storia di tutte loro e le somma in un unico racconto.

“Drift” celebra dunque il surf non solo come sport, ma come stile di vita, rendendo onore al merito di quei pionieri che hanno rischiato e si sono ribellati ai rigidi schemi dell’epoca, creando qualcosa di grande e dando vita a un movimento, che proprio come le onde, non si arresterà mai.

“Drift – Cavalca l’onda” esce nelle sale l’8 agosto 2013, distribuito dalla Koch Media. La pellicola è diretta da Ben Nott e Morgan O’Neill.

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TRAILER

Drift - Cavalca l'Onda Trailer ITA HD

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ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Filippo Brunamonti, la Repubblica
“Drift”, il surf da grande schermo: quando il cinema cavalca l’onda.

Marco Minniti, Movieplayer.it
Spettacolare nella sua resa visiva, il film di Morgan O’Neill e Ben Nott cerca di delineare sogni e disillusioni di due fratelli innamorati del surf, in una realtà conservatrice in cui fa irruzione la controcultura degli anni ’70.

Francesco Lomuscio, Everyeye.it
Colonna sonora di vecchi hit, cast ben diretto comprendente, tra gli altri, il Sam Worthington di Avatar (2009) e Scontro tra titani (2010) e, soprattutto, le vertiginose onde dell’Australia degli anni Sessanta e Settanta.
Sono gli ingredienti di una pellicola ispirata alla storia vera delle leggendarie comunità di surfisti australiane e dello sviluppo dei marchi mondiali di abbigliamento da surf nell’epoca degli hippy e delle rivoluzioni culturali.
Senza infamia e senza lode, seppur più adatta, con ogni probabilità, ad una fruizione televisiva che cinematografica.

Sergio Sozzo, SentieriSelvaggi.it
L’aspetto più interessante di questo corretto e timido surf movie australiano, che in patria è diventato in breve tempo un vero e proprio cult sbancabotteghini, sta nella sua natura di bignamino, piccolo compendio di storia della cultura e delle tecniche del surf.

Maria Cristina Caponi, FilmFilm.it
Il buono, il brutto e il cattivo del film convergono in un unico punto: lasciare emergere sulla carta un buon soggetto che, purtroppo, cola a picco per dei dialoghi piuttosto sciatti.

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