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12 anni schiavo

Candidato a 9 premi Oscar, il nuovo film di Steve McQueen promette scintille ai prossimi Academy Awards

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“12 anni schiavo” (12 Years a Slave) lo aspettavamo a Venezia e invece il regista di “Shame” ha deciso di presentare in anteprima mondiale il film al Festival di Toronto, spianando la strada verso i premi più ambiti della settima arte, gli Academy Awards.

Il film, tratto da una storia vera, è ambientato negli Stati Uniti nel 1841, e si basa sull’omonimo romanzo autobiografico. Il protagonista è Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor), un talentuoso violinista afroamericano, uomo libero in un’America ancora divisa sul tema della schiavitù.

Fatto prigioniero con l’inganno, il racconto si snoda tra il travaglio e il dolore di Solomon nei suoi dodici anni di schiavitù nelle piantagioni del sud, sotto il controllo prima di Benedict Cumberbatch e successivamente di Micheal Fassbender.

Il film coinvolge ma non entusiasma. Una pellicola realizzata in maniera accurata e ineccepibile da Steve McQueen, che non arriva però a toccare empaticamente lo spettatore, come era riuscito invece a fare nelle sue opere precedenti. Un cast di grandi nomi dove brilla quello più “sconosciuto” Lupita Nyong’o, attrice keniana che interpreta la preferita delle schiave della piantagione di Micheal Fassbender.

Forse un’eccessiva pioggia di nomination per un buon prodotto cinematografico non al pari però dei suoi diretti concorrenti nella stagione delle premiazioni hollywoodiane.

“12 anni schiavo” (12 Years a Slave) è nelle sale dal 20 Febbraio con Bim Distribuzione.

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TRAILER

12 Anni Schiavo - Trailer ufficiale italiano

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POSTER

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ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA

Peter Debruge, Variety
In questo racconto epico di un’anima da guerriero indistruttibile anche Scarlett O’Hara a confronto sembra meschino.

Todd McCarthy, Hollywood Reporter
Un forte, coinvolgente storia di vita straordinariamente esagerata.

Peter Travers, Rolling Stone
Non sarai in grado di infilare questa polveriera in un angolo della tua mente e dimenticare. Quello che abbiamo qui è un brillante, straight-up classico.

Natalia Aspesi, la Repubblica
(…) Il film è spietato, ha scene di violenza fisica e psicologica quasi insopportabili, ma mai quanto fu nella realtà. La sapienza del regista è quella di darci un’opera di fattura classica, per attanagliarci alla sorte di Solomon: che non vuole solo sopravvivere, ma tornare a vivere nella libertà. Sulla bella faccia di Chiwetel Ejofor passano tutti i sentimenti dal dolore alla speranza, dal sentirsi schiavo come gli altri ma anche uomo libero, che deve nascondere di saper leggere e scrivere per non essere ucciso.

Fabio Ferzetti, Il Messaggero
Si capisce che l’America, così vergognosamente in ritardo sul tema, anche al cinema, si inginocchi davanti a un film comunque nobile e destinato a fare data. Ma non è questa la voce più vera dello Steve McQuene inglese. Speriamo che lavorando in America non la perda.

Alberto Crespi, l’Unità
(…) Il film, pur nella magnificenza della confezione e nell’indubbio impatto emotivo della storia raccontata, è quanto di più ricattatorio e manicheo si sia mai visto sull’argomento. Al cinema e altrove (…) L’altro problema è strettamente estetico. 12 anni schiavo è visibilmente bello. Molto bello.

Maurizio Acerbi, il Giornale
Il film non emoziona come ci si potrebbe e dovrebbe aspettare. Mc Queen sembra più interessato ad allestire scene che a farle vivere, privandole di un’anima, tradito anche da un protagonista poco empatico. Questo non vuol dire che non vincerà gli oscar.

Gianluca Arnone, Cinematografo.it
Guardare ed essere guardati, McQueen manipola il pubblico come vuole: qui sta la sua grandezza e insieme il suo difetto. Come i personaggi del film, anche noi spettatori stiamo nella storia per effetto di una decisione arbitraria. 12 anni schiavo è in questo disincantatamente (post)moderno. Assai più disinvolto di altri nell’associare lo schiavo alla proprietà privata (che è un furto vero e proprio qui) e ai codicilli del diritto.
Peccato che l’ampiezza d’approccio si risolva a parole e finisca a tarallucci e vino, vedi trionfale entrata in scena di Brad Pitt (produttore). A Hollywood se ne fregano di Brecht: fortunato quel cinema che ha ancora bisogno di eroi.

Marzia Gandolfi, MYmovies.it
McQueen liquida la complessità del passato e di un sistema abominevole a favore della sua spettacolarizzazione e dei suoi effetti perversi.

Alessia Starace, Movieplayer.it
Nel rassegnarsi alla sua sorte, Solomon deve accettare anche la differenza tra sé e chi la vita come dovrebbe essere non l’ha mai conosciuta; alla fine, è una consapevolezza terribile quella che riporta con sé nel mondo, quella di un uomo che ha visto la propria degradazione riflessa negli altri, e ha dovuto e potuto combattere solo per salvare sé stesso.

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