Dopo il divertente “Basilicata Coast to Coast”, Rocco Papaleo firma la sua seconda regia con “Una piccola impresa meridionale”, di cui è anche autore (con Valter Lupo) e interprete assieme a Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova, Sarah Felberbaum, Claudia Potenza e Giuliana Lojodice.
In un faro di famiglia ormai abbandonato un ex prete, don Costantino, si ritira per desiderio della madre che non vuole si sappia dello spretamento del figlio. L’anziana donna ha già un altro scandalo da affrontare: sua figlia Rosa Maria ha lasciato il marito, Arturo, ed è scappata con un misterioso amante. Il vecchio faro in disuso attira però gente, trasformandosi via via in un refugium peccatorum. Dopo l’ex prete arriva una ex prostituta, Magnolia, poi il cognato cornuto, Arturo, ed infine una stravagante ditta di ristrutturazioni chiamata per riparare il tetto del faro. Alla fine saranno le vite dei personaggi ad essere ricostruite.
Del cast fanno parte anche Giorgio Colangeli, Giovanni Schiano, Giovanni Esposito e la giovane figlia Mela.
Con questo film Papaleo dimostra la sana ambizione di voler fare meglio del precedente film senza cullarsi sul buon risultato, ma le buone intenzioni purtroppo non bastano e si sorride meno rispetto al sorprendente “Basilicata Coast to Coast”. Apprezzabile la volontà di voler affrontare con leggerezza e semplicità il tema dell’istruzione e dei diritti degli omosessuali ma nel complesso il film risulta nulla di più che piacevole. Gli aspetti migliori sono le interpretazioni del cast (con le performance canore di Scamarcio e Bobulova), la splendida location sarda (anche se il film è ambientato in Puglia) e le belle musiche jazz di Rita Marcotulli con il brano “Dove cadono i fulmini” della cantautrice Erica Mou.
“Una piccola impresa meridionale” è nelle sale dal 17 ottobre distribuito da Warner Bros. in 400 copie.
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ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:
Dario Zonta, l’Unità
Rocco Papaleo, coadiuvato alla scrittura da Valter Lupo, cerca con questo film una maggiore solidità disegnando così una piccola parabola sudista capace a tratti di volare alto e “sposare” le tematiche dell’amore e dei diritti degli omosessuali. Come quella di Basilicata, anche questa impresa è un’armata brancaleone sui generis, qui più composta e prevedibile, come se in loro l’intenzione prevalesse sull’improvvisazione. Bellissima la colonna jazz di Rita Marcotulli.
Maurizio Acerbi, il Giornale
Una sceneggiatura brillante, un cast che si supera in bravura, una colonna sonora perfetta e un autore, Papaleo, che faremo bene a tenerci stretto.
Alessandro De Simone, Cinematografo.it
Una piccola impresa meridionale vorrebbe essere un ottimista manifesto dell’Italia che ha ancora voglia di sognare ed essere migliore, e in buona parte ci riesce, nonostante un paio di ingenuità che vanno ben oltre l’ottimismo a tutti i costi. Purtroppo non riesce a essere un’opera cinematograficamente compiuta, a cui avrebbero giovato dei tempi più sincopati, davvero jazz come avrebbe voluto Papaleo senza tenere il ritmo, e una sceneggiatura più asciutta. Ma sono pecche su cui si riesce anche a passar sopra, perché alla fine del film ci si sente bene, e talvolta basta questo.
Simona Santoni, Panorama.it
(…) Il suo esordio alla regia “Basilicata coast to coast” mi ha conquistata senza mezze misure: la freschezza picaresca del suo road-movie a piedi, in compagnia di un carretto trainato da un cavallo bianco, ha avuto il potere di farmi passar sopra a ogni perplessità (tipo la prova un po’ fuori dal coro di Giovanna Mezzogiorno). Mi ha completamente avvinta.
Per questo mi sono avvicinata al suo secondo film da regista-attore, “Una piccola impresa meridionale” (dal 17 ottobre al cinema), con liete aspettative e predisponendo il gusto alla migliore capacità di accoglienza. Con la sincerità e la ritrosia con cui si confessa un tradimento, devo però rivelare che la nuova commedia di Papaleo non ha centrato il cuore. Gronda di buonissime intenzioni e di immagini frizzanti, ne è piena e traboccante… tanto da venirne sopraffatta (…).
La redazione di ComingSoon.it
(…) Come un animale in via di estinzione, Una piccola impresa meridionale è un film che va protetto.
Va difeso anche nelle sue scelte tecniche non sempre azzeccate, come un montaggio che slenta troppo il ritmo del racconto.
Va tutelato perché non si preoccupa di compiacere nessuno, se ne infischia delle battute a effetto e perché è la piena espressione del sentire di colui che lo ha diretto: un artista che si diverte a chiamare Jennifer un muratore, che ammette di essere passato da Gesù Cristo a Karl Marx e che non esita a inserire nella colonna sonora una canzone già cantata di fronte al pubblico dello scorso Festival di Sanremo.
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