Torna al cinema il secondo capitolo della saga in salsa Hobbit che ci riporta, a distanza di una decade, nel mondo de “Il Signore degli Anelli”
Il ritorno nella Terra di Mezzo è di nuovo un rito annuale. Così come dieci anni fa per tre anni di fila siamo andati in sala per seguire le sorti di Frodo Baggins, negli anni dieci del 2000 torniamo al cinema per seguire le sorti dello zio, Bilbo Baggins, nel prequel della fortunata serie fantasy.
Le differenze però sono molte. Partendo dalle aggiunte abbiamo un drago, un drago vero, che sputa fuoco, con le ali e gli artigli, che nella versione originale ha il vantaggio di avere la voce profonda e inconfondibile di Benedict “Sherlock” Cumberbatch (mentre in italiano l’arduo compito di doppiare Smaug è andato a Luca Ward). C’è anche l’HFR 3D a 48 fps, ovvero quella tecnologia con la quale ogni secondo di girato contiene 48 fotogrammi per secondo invece dei consueti 24 tipici della pellicola. Una tecnologia che piace tanto mentre stai guardando il film (anche se gli toglie “l’effetto cinema”) ma che poi accusi dopo quasi tre ore di girato con una poco gradita emicrania.
Se l’HFR 3D è in grado di rendere più realistica ogni percezione, non fa sentire meno la mancanza di una storia. Il problema di fondo è che Lo Hobbit come libro ha uno spessore inferiore a un singolo capitolo della trilogia dell’anello. Per questo motivo la storia è talmente dilatata nel film che ha bisogno di aggiunte, frutto anche dell’intelletto del regista Peter Jackson. Una di queste è quella dell’elfo Tauriel, interpretata da Evangeline Lilly, una guerriera non presente nei romanzi e braccio destro (oltre che e interesse amoroso) di Legolas. Se la trovata di dare un respiro diverso alla componente elfica (quasi del tutto assente nel romanzo originale) l’idea di renderla quasi un clone di Arwen, sotto molti aspetti, non regge. C’è da dire che fa sempre piacere vedere sullo schermo gli elfi, in particolar modo Legolas, e rivedere Orlando Bloom in splendida forma nonostante i dieci anni dall’ultimo film della trilogia, “Il Ritorno del Re”. L’unica pecca è che grazie al 3D ora risultano molto più evidenti le lenti a contatto azzurre che è sempre stato “costretto” ad indossare. Ma ce ne possiamo fare tranquillamente una ragione e goderci le sue acrobazie, portate quasi all’estremo da Peter Jackson.
Molto più spazio all’azione rispetto al primo capitolo, con effetti indubbiamente positivi, volti ad enfatizzare l’entertainment. Spesso però, a causa delle sequenze mozzafiato, caratterizzate da inseguimenti in barili di birra fra le cascate e nei meandri oscuri della montagna, la prima cosa che viene da pensare è che appena uscirà l’ultimo capitolo verrà sicuramente aperto un parco a tema a riguardo. E avranno già tutte le giostre pronte.
Il finale lascia inevitabilmente sorpresi e pronti a spronare le masse di fan (e non) a darsi appuntamento ancora una volta a dicembre dell’anno successivo. Il problema è che questa volta sarà davvero l’ultima in cui potremo vedere la Terra di Mezzo nuovamente al cinema e sarà difficile, esattamente come una decade fa, dirgli di nuovo addio.
“Lo Hobbit – La desolazione di Smaug” è nelle sale dal 12 dicembre distribuito da Warner Bros.
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Alcuni commenti della critica:
Luca Raffaelli, la Repubblica
(…) se il compito del cinema è riuscire a far entrare lo spettatore nel paese delle meraviglie, la missione è compiuta.
Alberto Crespi, L’Unità
(…) Il secondo capitolo delle avventure di Bilbo Baggins e dei nani capeggiati da Thorin Scudodiquercia è nettamente migliore del primo (…).
Francesco Alò, Il Messaggero
(…) Il divertimento è comunque assicurato e le scene d’azione sono magistralmente coordinate (…)
Gabriele Niola, MYmovies.it
Il secondo capitolo modifica e incupisce molto la storia originale, creando un’atmosfera epica ed emozionante.
Domenico Misciagna, ComingSoon.it
(…) Sarebbe snob saltare questo capitolo, se si è fan del fantasy o se si è visto il primo e si ha comunque un rispetto per una produzione d’alto valore professionale. D’altro canto però si continua ad avvertire troppo il peso di un passato glorioso, che contribuì a ridefinire il grande blockbuster, unendo esigenze commerciali e autorialità come Jackson stesso sembra non riuscire più a fare.
Pierpaolo Festa, Film.it
Le avventure di Bilbo Baggins decollano puntando su spettacolo e divertimento.
Giorgio Viaro, BestMovie.it
Peter Jackson confeziona uno spettacolo maestoso e a tratti molto cupo, centrando almeno due sequenze da urlo. Ma il triangolo, no…
Francesca Fiorentino, Movieplayer.it
Rispetto al primo capitolo l’azione è più viva, la tensione drammatica più alta, eppure alla fine delle due ore e quaranta minuti di visione, si esce insoddisfatti, un’insoddisfazione che somiglia più ad una delusione, che non al desiderio/certezza di essere appagati la prossima volta.
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