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Elena Lietti: “Con Sole è stata affinità elettiva. Come quanto ti innamori, non puoi spiegarlo”

La nostra intervista all’attrice Elena Lietti

di Ivana Calò

Si è conclusa la prima stagione della serie tv originale Sky “Il Miracolo”, ideata da Niccolò Ammaniti.

Girata da Francesco Munzi, Lucio Pellegrini e dallo scrittore stesso (al suo esordio alla regia) che l’ha anche sceneggiata con Stefano Bises, Francesca Manieri e Francesca Marciano, la serie ha stregato critica e pubblico, che ne reclama subito una seconda.

Elena Lietti racconta i retroscena del suo personaggio, Sole Pietromarchi, un ruolo che non le somiglia ma di cui ammira la schiettezza. “Un personaggio meraviglioso che mi ha permesso di indagare tanti aspetti e sentimenti umani”, racconta.

Sole Pietromarchi è una donna complessa. Oggi, qual è l’idea che ti sei fatta di lei?
Potrei risponderti e parlarti per ore, descriverti centinaia di sfaccettature che la caratterizzano perché è un personaggio complesso ed estremamente umano. Ed è la grande qualità della scrittura di Niccolò. Sole è una first lady in cattività, non particolarmente appassionata del ruolo che le è toccato nella vita. È una donna molto fragile che ha delle intuizioni e un’intelligenza feroci, uniti ad una sensibilità molto acuta. È una donna borghese che si trova costretta a vivere in una gabbia, è una donna buia perché sta vivendo un momento di crisi, di disagio e di sofferenza, è basica perché ha bisogni elementari di amore e affetto. E al contempo, ha degli elementi di forza, come una mancanza di diplomazia che la rende fortissima e schietta. Come vedi, è davvero una donna sfaccettata, è buia ma al contempo luminosa, soprattutto nel muoversi in un corollario di personaggi più cervellotici di lei.

Come avete lavorato tu e il regista nella costruzione del personaggio?
Io e Niccolò ci siamo intesi subito su quello che Sole poteva essere, un personaggio espressivo ed espressionistico. Non è certo una timida, una misurata, che parla piano. Ma era importante lavorare per calibrarla e darle un equilibrio nei toni, senza risultare troppo o troppo poco. Niccolò mi ha dato carta bianca perché abbiamo inteso allo stesso modo le coordinate del motore che muovono questo personaggio. E penso che il risultato sia riuscito e di livello.

Come il metodo di lavorazione ha influito in questa intesa?
Ho sempre pensato, e questa esperienza me lo conferma, che il lavoro dello scrittore e quello dell’attore siano molto vicini. Lo scrittore crea dei personaggi, li fa muovere e vivere nella sua fantasia, immedesimandosi da qualche parte, sempre. È molto simile al lavoro che fa l’attore. Ti ci butti dentro, vivi con il personaggio, lo ami, lo difendi e lo giustifichi. Niccolò, però, in questo caso ha vinto su tutta la linea anche la doppia sfida come regista, lavorando da un’altra prospettiva. Il regista nudo e crudo ha una distanza maggiore dai personaggi. E Niccolò ha dovuto trovare una distanza da quello che ha scritto per poterlo dirigere.

Da un lato sei dentro, e dall’altro sei fuori, insomma…
Penso che la sfida per lui sia stata quella di trovare la distanza per rimuovere e raffreddare la sua visione. Per parafrasare quello che ha detto lui, quando scrivi sei abituato a ragionare a 360 gradi, in un ambiente a 360 gradi. Il racconto per immagini presuppone la frammentazione, l’astrazione, il cambiare codice di racconto, che è un’ulteriore sfida. Penso che il lavoro più duro lo abbia fatto lui.

Si parla de “Il Miracolo” come di un prodotto internazionale, soprattutto nella costruzione dei personaggi. Vorrei sapere il tuo punto di vista.
Anzitutto non c’è nessuna furbizia nei personaggi, nella regia e nelle interpretazioni. Non c’è niente di comodo. Nessuno ha pensato a realizzare qualcosa che vendesse. Non è stato fatto niente per accattivarsi la simpatia di nessuno. In questo senso è molto onesto. Ogniuno ha pensato di fare e dare il massimo anche quando si trattava di una scena scomoda, senza preoccuparsi delle conseguenze. Cito nuovamente Niccolò: “Non è la fiction che guardi a tavola mentre mangi e ti rassereni pensando ad altro”, ma ti fa porre molte domande e ti mette nella condizione di non poter giudicare niente. Perché è troppo più grande. Sky ha investito non avendo garanzie sul fatto che il pubblico potesse abbracciarlo e affezionarsi, proprio perché non è un prodotto comodo. Ma ho sempre pensato che lo spettatore sia in grado di cogliere la qualità, perché è dotato di uno spirito critico. Alcuni prodotti di facile fruibilità fanno credere che ci siano i buoni e i cattivi e che il pubblico voglia questo. Ma forse non è così. Se proponi un personaggio che ha tante sfaccettature quanto un essere umano normale, il pubblico sviluppa empatia, ci si affeziona.

A giudicare dalle numerose richieste di una seconda stagione, mi sembra che il pubblico abbia colto eccome.
Sì, alla qualità registica e fotografica, si affiancano personaggi che non sono caricature o stereotipi di niente. Io stessa da fan delle serie, mi innamorerei. Del resto, mi sono innamorata di Sole Pietromarchi dopo aver letto solo tre scene.

Come è andato il tuo provino?
Ho lavorato molto per preparare il provino e, fortunatamente, ho avuto il tempo di farlo. Credo comunque che si sia trattato anche di una questione di chimica. Come quando ti innamori, non puoi spiegarlo razionalmente. Tra me e quel personaggio è scattato qualcosa. Ci siamo un po’ chiamate a vicenda e Niccolò è stato testimone di questa alchimia. Ma non è un personaggio vicino a me, quindi l’alchimia ha retto fino ad un certo punto. Mi sono dovuta tarare su determinati binari.

Sei soddisfatta?
Sono soddisfatta. È stata la prima volta che ho avuto a che fare con un personaggio come Sole. Ho sempre interpretato l’amica timida. Con un personaggio grosso e complesso, con cui hai tante scene, la pressione psicologica è una variabile che devi mettere in conto. E ho saputo di poter reggere questa pressione finché non l’ho fatto. Vedo tante cose che voglio migliorare del mio lavoro ma ci sta, credo. Sono soddisfatta perché penso di non essermi mai tirata indietro e di non essermi mai risparmiata nel lavoro. Me lo posso dire, sperando di averla sempre questa fame e questa voglia. E sono soddisfatta perché ne “Il Miracolo” ci siamo tutti misurati con delle cose difficili e ho lavorato con la serie A del cinema e della televisione. Una squadra fantastica, uno staff e una compagnia meravigliosa.

Cosa vedi nel tuo futuro?
Intanto uno spettacolo teatrale su cui sto lavorando con Filippo Timi, “Un cuore di vetro in inverno”. Andremo in scena ad autunno. Io e Filippo lavoriamo insieme già da tanti anni. C’è questa affinità elettiva, un’altra, in cui non ci sono molti calcoli. Ci si ritrova nelle visioni, nel linguaggio, negli immaginari, nei gusti. E tornando al mio futuro, spero che la prossima cosa che farò sarà diversa, che mi permetterà di andare da un’altra parte e che sia scritta bene com’è scritta Sole Pietromarchi. Amo il teatro ma allo stesso tempo resto appassionata del mezzo filmico. Quindi diventare più brava davanti alla macchina da presa mi piacerebbe moltissimo.

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