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“La fine è il mio inizio”, l’avventura di Terzani diventa un film

Video intervista a Folco Terzani e foto anteprima

A tre mesi dalla morte un uomo decide di raccontare la propria vita al figlio. Non è una persona comune: è Tiziano Terzani, corrispondente dall’Asia per il settimanale Der Spiegel, Repubblica e Corriere, instancabile viaggiatore, scrittore di best seller. Dal suo ultimo libro, “La fine è il mio inizio” (ed. Longanesi), scritto con il figlio Folco poco prima di morire nel 2004, è tratto l’omonimo film (nelle sale con Fandango) di cui il tedesco Jo Baier firma la regia. Una raccolta di dialoghi e riflessioni sulla vita, la guerra, la spiritualità, ma soprattutto sull’estremo viaggio che il grande giornalista, malato di cancro, aveva accettato serenamente grazie al suo isolamento per tre anni sulle montagne dell’Himalaya. “Ho fatto tutto e non ho rimpianti – confidava all’amato interlocutore – la morte, in verità, è l’unica cosa nuova che mi può ancora succedere. Mi avvicino a questo appuntamento di quiete a cuor leggero. Perché morire ci deve far così paura?”.

Protagonisti della pellicola un superbo Bruno Ganz (già apprezzato per l’interpretazione di Hitler in “La caduta”) nei panni del reporter, il nostro sempre bravo Elio Germano in quelli di Folco, Andrea Klara Osvart (la figlia Saskia) e Erika Pluhar (la moglie Angela). Realizzata dal Terzani figlio e dal produttore Ulrich Limmer, la sceneggiatura ripercorre fedelmente la struttura del libro. Tutto si svolge nella grande casa di famiglia, in Toscana, dove Terzani racconta al figlio la sua storia: l’infanzia e la giovinezza a Firenze, i tre decenni trascorsi in Asia, il congedo dal giornalismo e, infine, lo sconvolgente viaggio dentro sé stesso che lo porterà a guardare la morte con occhi nuovi. Nel film ci sono grandi momenti di intimità tra padre e figlio, valorizzati tra l’altro dalla presenza di una natura maestosa, ma non c’è traccia di digressioni o flashback. “Abbiamo scelto di evitarli per lavorare sull’attenzione – ha spiegato Limmer all’incontro con la stampa – per concentrarci su una persona che racconta e l’altra che ascolta. Poi è subentrato un livello più forte, quello delle emozioni. Sin dall’inizio ci siamo resi conto che sarebbe stata una bella sfida”.

Riassumendo: c’è un’ottima base che è la straordinaria avventura di Terzani con tutta la sua nota eredità intellettuale, due attori di spessore, l’assenza di scontati (e costosi) rimandi al passato, una buona fotografia, le musiche strappa-emozioni di Ludovico Einaudi. Ma è bastato tutto questo a vincere la sfida? Purtroppo no. A parte qualche scena, come quella del diverbio padre-figlio o il momento in cui Terzani, sentendo la morte vicinissima, richiama a sé tutta la famiglia, il film non riesce ad emozionare. Certo ci sono diversi spunti interessanti (le parole del giornalista lasciano comunque il segno) e però il film risulta eccessivamente lento, a tratti piatto, a tal punto che l’attenzione va e viene. Il problema è che il cinema ha un suo linguaggio, completamente diverso dal racconto scritto, mentre qui l’impressione è di trovarsi di fronte a un audiolibro con immagini annesse. Forse c’era bisogno di un regista più coraggioso e meno televisivo.

FOLCO TERZANI - intervista (La fine è il mio inizio) - WWW.RBCASTING.COM

 

Alcuni commenti della critica:

“Fedelissimo al dettato originale e illuminato da due attori prodigiosi, Bruno Ganz e Elio Germano, ma così fluido, minuzioso, inutilmente ben fotografato, da risultare fatalmente prevedibile e privo di emozione. Un film troppo educato per lasciare davvero il segno”.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

“E’ possibile che le parole diventino le star di un film? Che una pellicola riesca a raccontare il fascino del narrare? Che i protagonisti di una storia commuovano e regalino speranza parlando solo di vita e di morte? Ci riesce ‘La fine è il mio inizio’ di Jo Baier…”.
Alessandra De Luca, Avvenire

“Piacerà a quanti hanno amato il best seller di Terzani pubblicato postumo. E agli amanti di Bruno Ganz, che in terza età dà veramente le sue cose migliori. Elio Germano è costretto a fare tappezzeria. Ma forse l’argomento avrebbe meritato una regia più inventiva di quella del tedesco (molto televisivo) Baier”.
Giorgio Carbone, Libero

“Il film di Jo Baier è un atto di coraggio che sfida le dure leggi dell’intrattenimento perché è un’opera fatta di parole, silenzi e sguardi, pochi movimenti agitati e tante inquadrature delicate.(…) Un’eredità aggraziata che, in tempi di distrazione cronica e rumore generalizzato, dimostra di essere un gioiello preziosissimo”.
Nicoletta Dose, MYmovies.it

 

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