La testimonianza di medici e paramedici
Nelle zone assediate della Ghouta orientale, regione rurale vicina a Damasco in Siria, sono in corso da settimane bombardamenti intensi, praticamente quotidiani. Il 5 febbraio ci sono stati 60 attacchi aerei in un solo giorno. Due strutture mediche sono state colpite e tutti i medici e pazienti sono stati evacuati. L’8 febbraio un infermiere è stato ucciso mentre si recava in ospedale. Centinaia di persone ferite sono state curate nelle strutture sanitarie supportate da MSF nell’area. Grazie al contatto quotidiano con queste strutture, MSF sta raccogliendo dati medici per valutare al meglio la situazione e i bisogni medici. Ma intanto i bombardamenti continuano con conseguenze devastanti.
Qualche settimana fa, il 23 gennaio, un altro grave episodio ha visto l’esplosione di un ordigno in un mercato. 147 feriti sono stati trattati in sette ospedali di fortuna supportati da MSF nella Ghouta orientale. Oltre la metà hanno richiesto interventi chirurgici, più di venti erano bambini.
“Nell’ultimo mese la crisi nelle aree assediate intorno a Damasco si è drammaticamente deteriorata”, dichiara Bart Janssens, direttore delle operazioni di MSF. “Il numero di pazienti negli ospedali che supportiamo ha superato il limite e le richieste di forniture mediche hanno subito un picco. Il bombardamento del 5 febbraio e l’attacco al mercato di fine gennaio sono stati particolarmente tragici e ci hanno colpito nel profondo. Ma questi incidenti non sono casi isolati, sono parte di un disegno continuo di violenza inimmaginabile. Lavorando fuori dai confini della Siria, cerchiamo di supportare i medici siriani che curano le vittime di questi attacchi e garantiscono un servizio base di assistenza medica, ma il filo che tiene quelle strutture in vita e funzionanti è davvero sottile”.
Oltre alle quattro strutture sanitarie che MSF è ancora in grado di gestire nella mutevole e brutale guerra siriana, l’organizzazione medico-umanitaria ha sviluppato un programma di supporto ai medici siriani che lavorano in oltre 100 strutture in tutto il paese. Si tratta di ospedali di fortuna e centri sanitari in cui non lavorano operatori di MSF, ma ai quali l’organizzazione fornisce sia supporto materiale sia formazione da remoto per aiutarli ad affrontare bisogni medici estremi. Il fulcro di questa azione di supporto è sempre di più nelle aree assediate. Negli ultimi due anni, l’equipe di MSF è stata in contatto settimanale, spesso quotidiano, con gli operatori sanitari siriani, mentre gli sforzi di medici e infermieri nel fornire cure mediche sono diventati sempre più disperati.
Un medico di un ospedale supportato da MSF e due paramedici che prestano soccorso in ambulanza raccontano da diversi punti di vista il loro intervento, il giorno del bombardamento in piazza il 23 gennaio. Tutti e tre hanno chiesto di restare anonimi.
I paramedici: “Quando sono arrivato per prestare i soccorsi sono rimasto scioccato. Decine di persone, morte e ferite, erano sparse in tutta l’area. Le nostre ambulanze sono veicoli normali, adattati per accogliere due feriti nel retro. Quel venerdì dovevamo evacuare 8-9 persone per volta. Anche le nostre vite sono a rischio, oggi più che mai, ma condividiamo i rischi con tutte le persone che vivono sotto le bombe e questo ci rende ancora più determinati”.
Il dottor N: ” I casi più dolorosi per noi sono i bambini, quando dobbiamo amputare un arto per salvare la loro vita. Decisioni così complesse sono una prova difficile per medici con poche alternative a disposizione. Abbiamo ricoverato 128 vittime. Siamo riusciti a salvarne solo 60. Il mondo sta a guardare da anni. La situazione medica e le condizioni di vita sono ben oltre ogni linea rossa e i segnali di allarme stanno suonando da tempo”.
Per maggiori informazioni: www.medicisenzafrontiere.it