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Qui ut Deus?, il nuovo noir di Paolo Logli

“Qui ut Deus?” è il titolo del nuovo romanzo di Paolo Logli, sceneggiatore di successo con all’attivo oltre un centinaio di testi tra teatro, musica, cinema e televisione. Ed è anche il principio ispiratore della sua prima opera letteraria, dalle tinte decisamente noir, edita dalla casa editrice campana Ad est dell’Equatore e uscita da pochissimo in tutte le librerie italiane.

Il protagonista, Michele – ancora una volta una non casuale traduzione dello stesso motto dall’ebraico Mi ka El – è un pittore di successo che torna nella sua città natale, La Spezia, dopo tanti anni, per creare il suo capolavoro artistico. Ma negli incontri in cui casualmente si imbatte riscopre le ferite di un’adolescenza frustrata, ragione primaria del suo allontanamento e rivede persone che ne hanno causato all’epoca i dissapori dell’anima. In primis, le sue compagne di liceo, che attraverso spiacevoli battute, tic nevrotici e inutili sensi di superiorità psicosessuale lo hanno inibito al punto da costringerlo alla fuga da quella gabbia provinciale. La vendetta nei confronti del passato – e delle cause del suo malessere interiore – è il motore delle azioni delittuose dell’intera storia, ma anche elemento catartico comandato dall’alter ego mistico del protagonista, incarnazione di un modernissimo e amletico arcangelo Michele contro il quale nel finale il nostro pittore incrocerà la spada laser, in un tormentatissimo ma risolutore gioco psicoanalitico.

Come spiega bene nella prefazione il romanziere Francesco Abate, Dài una vendetta all’arte, la consegnerà al cuore che finalmente troverà pace: i pluriomicidi, descritti con minuziosissimo realismo e conditi da suspence hitchcockiana, sembrano voler rappresentare la naturale conseguenza di un’insoddisfazione primaria, sfociata nel successo artistico ma definitivamente risolta solo con l’annientamento della carne nemica. E la stessa opera d’arte che mira a segnare il culmine della sua produzione pittorica, altro non è che un ritratto onirico del golfo spezzino e dei luoghi che hanno cresciuto Michele, ed ai quali fa inevitabilmente ritorno, stavolta in maniera definitiva.

Tra atmosfere iperrealistiche,  dialoghi serrati, azioni repentine degne dei migliori film western e lucidi pensieri offuscati da irrequieti sogni angelici, il debutto in narrativa di Paolo Logli dimostra di essere all’altezza del suo affollatissimo curriculum, rivolto ad un pubblico  di ogni età e sospinto da una scorrevolezza cinematografica che inchioderà il lettore alla sedia dall’inizio alla fine, a metà tra un ironico distacco ed un forte ed immedesimativo desiderio autobiografico di rivalsa da ogni insopportabile sbeffeggiatore del proprio passato.

QUIS UT DEUS – sinossi
Michele è un pittore di successo. Ha conquistato con determinazione la sua nicchia sul Bolaffi in decenni di lavoro ostinato e astioso, lontano da La Spezia, la sua città natale. Ma nelle pieghe di quel successo si nascondono i segni della frustrazione di un’adolescenza inadatta, non all’altezza, martirizzata dalla sua incapacità di trovare una sua collocazione nel complicato e incomprensibile mondo dei grandi.

Oggi, a cinquant’anni, per celebrare la sua consacrazione e per cercare di rivestire di motivazioni una vocazione artistica che ha ormai smarrito, Michele, consigliato dal suo agente, decide di concedersi un periodo sabbatico proprio nella sua città Natale, nella quale inopinatamente, e quasi del tutto casualmente decide di dipingere – per la prima volta nella sua carriera – un grande quadro di soggetto sacro, che rappresenta l’Arcangelo Michele che sorvola il Golfo dei Poeti.

Questa decisione sarà il fattore scatenante di uno smottamento di rancore e di voglia di rivincita rimasto nascosto per decenni in fondo all’anima. Nella città della sua infanzia Michele si troverà a fare i conti con un’immagine antica di sé che i suoi concittadini e soprattutto i suoi ex compagni di scuola non hanno intenzione di dimenticare, ne’ di fargli dimenticare. E il rancore esploderà in follia, nell’omicidio sistematico di tutte le sue compagne di scuola del liceo, assurte a simbolo di un’adolescenza di sofferenza.

Il crescendo di orrore sembra non poter essere arrestato da nulla, tra deliri paranoici e visioni mistiche, se non proprio da quell’Arcangelo che, come ridestato dal quadro dipinto da Michele, comincia a popolare i suoi sogni. E in quella visione onirica (ma poi lo sarà così tanto?) l’Arcangelo si sta recando, mandato da Dio, proprio da lui. A far che? Ad ucciderlo? A portargli il perdono di Dio? A “restaurargli” l’adolescenza?

Finirà con un duello? Oppure, come nel miglior western all’italiana, con un “triello”?

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