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Da Alessandria ad Hollywood, ecco l’avventura di Borsalino City

Un oggetto-mito della storia del Cinema

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Dopo gli applausi dell’ultimo Torino Film Festival, dove è stato presentato in prima mondiale con sale sold-out ad ogni proiezione, arriva nelle sale, distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, con un tour di proiezioni-evento e programmazioni che durerà fino a maggio, “Borsalino City”, il film documentario di Enrica Viola dedicato a uno degli oggetti, dei marchi e dei simboli più famosi nel mondo e nella storia del cinema: il mitico cappello Borsalino.

Un “mito d’oggi” impresso nella memoria di milioni di uomini e donne e di spettatori di pellicole legate indelebilmente all’immaginario collettivo: “Casablanca”, “8½”, “Fino all’ultimo respiro”, decine di gangster-movie americani e tanti altri film che fino a oggi hanno più o meno consapevolmente citato un oggetto di scena in grado di entrare nell’espressione degli attori più grandi (basti pensare all’addio di Bogart e Bergman all’aeroporto di Casablanca…).

Dopo la prima tappa del tour nei cinema di “Borsalino City” – e non poteva essere altrimenti – ad Alessandria, la città dove il 4 aprile del 1857 Giuseppe Borsalino fondò la sua fabbrica di cappelli, il film arriva a Roma, per un’anteprima-evento al Cinema Adriano alle 20.30, alla presenza della regista Enrica Viola e del produttore Simone Bachini.

E se dopo una kermesse internazionale come Torino il film è già stato presentato ai festival di Melbourne e Barcellona, si registra l’interesse dei broadcaster esteri che lo hanno preacquistato per televisioni nazionali in Francia, Germania, Svizzera, Finlandia, Portogallo, Grecia e Singapore, e sono in corso trattative per la diffusione in USA, Cina e Giappone. Un piccolo caso internazionale per un documentario dal cuore e dalla storia italiani, con un appeal però molto forte per il richiamo di un simbolo vivente della moda e del Made in Italy.

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GUARDA IL TRAILER

Borsalino City - TRAILER UFFICIALE

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IL FILM

“Dear vittorio, you may remember me…my name is Robert Redford”, così inizia la lettera che una delle più grandi star di sempre del cinema americano scrisse a un erede della famiglia Borsalino, per richiedere il cappello che aveva visto indossato da Mastroianni in “8½”. Questa lettera è rappresentativa per capire la storia di un oggetto, fatto con amore e passione in una piccola città di provincia del Nord Italia, e sbarcato poi in tutto il mondo per diventare un mito.

Il cappello Borsalino è diventato un’icona grazie al cinema. Nell’epoca d’oro di Hollywood tutti ne indossavano uno. Ciò che s’ignora è che questo mito nasce in una città della provincia italiana, Alessandria, e che per più di centoventicinque anni una sola famiglia è stata a capo di questo impero fondato dal capostipite, Giuseppe Borsalino.

Rievocando la memoria dei lavoratori di un tempo, di appassionati di storia locale, e di grandi nomi del cinema come Redford, Jean Claude Carrière, Piero Tosi, Deborah Nadoolman Landis, Dante Spinotti, e attraverso immagini d’archivio e di memorabili film dove il cappello è ben più di una comparsa, il documentario racconta la storia del favoloso incontro tra il sogno di un imprenditore partito dal nulla e la grande industria dei desideri che è il cinema del XX° secolo. Tracciando la storia non di un semplice oggetto, ma di uno dei simboli più famosi dell’immaginario mondiale.

Dichiara Enrica Viola nelle sue note di regia: “Borsalino City racconta anche la storia di capitalismo familiare che domina la vita di una piccola città per oltre 120 anni. Perché, come afferma un’ex operaia: ‘la Borsalino ha dato da mangiare, si può dire, a tutta Alessandria’.

Se da un lato ad Alessandria, come in tante altre città ex industriali, oggi non esistono più i segni tangibili dello ‘splendore della sua fabbrica’, dall’altro invece in tutto il mondo, c’è ancora una grande potenza immaginativa legata al suo marchio.

E il processo della creazione del mito Borsalino, della sua icona, passa necessariamente attraverso le mani esperte di chi li sapeva fare bene i cappelli, ovvero di chi li lavorava.

Per questo, utilizzando dei meravigliosi ritratti fotografici d’archivio, abbiamo fatto rivivere alcune testimonianze di operai che nel 1957 celebravano il centenario della fabbrica: nei loro volti e nelle loro parole c’è tutta la dignità della classe lavoratrice e l’orgoglio del ‘saper fare’.

In qualche maniera con questo film, passando da Alessandria ad Hollywood, si è cercato di colmare il divario tra l’ignoto e il glamour”.

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