Home Eventi “Nel nome di Antea” al Biografilm Festival e in uscita nelle sale...

“Nel nome di Antea” al Biografilm Festival e in uscita nelle sale dall’8 giugno

Arriva nelle sale italiane dall’8 giugno, e con un significativo passaggio al Biografilm Festival (Bologna 1-24 giugno) “Nel nome di Antea – L’arte italiana al tempo della guerra”, il nuovo film documentario di Massimo Martella prodotto e distribuito da Istituto Luce Cinecittà.

Un viaggio commosso, immaginifico, partecipe a cavallo tra la più alta bellezza e la più tetra distruzione: la storia avventurosa di cosa accadde a migliaia di capolavori dell’arte rinascimentale, barocca, moderna e contemporanea conservata in quel campo delle meraviglie che è l’Italia, all’esplodere della Seconda Guerra Mondiale, sotto l’invasione nazista, e i bombardamenti che devastarono le nostre città.

La storia di come un patrimonio incalcolabile di migliaia di tele, sculture, monumenti, potè non essere distrutto e arrivare integro a noi, alla meraviglia dei nostri sguardi. Forse troppo spesso indifferenti e incoscienti di cosa significherebbe perderlo.

Ed è soprattutto la storia di quelle donne e uomini che si adoperarono e rischiarono per salvare quelle opere. Donne e uomini il cui amore è simboleggiato nel film da due ritratti e dalle loro voci (date nel film da Letizia Ciampa e da Massimo Wertmüller): il “Ritratto di giovane donna (Antea)” di Parmigianino, ora esposto nel Museo di Capodimonte a Napoli, e il “Ritratto di Alessandro Manzoni” di Francesco Hayez, nella Pinacoteca di Brera.

Sono questi due personaggi a condurci, tra interviste, documenti, preziosi filmati e fotografie d’archivio, e naturalmente capolavori immortali di 500 anni di civiltà artistica, attraverso una storia ricca di avventure, sotterfugi, pericoli, morte, autentica passione. In un inno alla bellezza senza tempo dell’arte, e un omaggio a coloro che si sono adoperati e si adoperano per sottrarla alle ingiurie del tempo e degli uomini.

SINOSSI

Quando un paese entra in guerra, a cosa va incontro il suo patrimonio artistico? Vale la pena rischiare la propria vita per salvare un’opera d’arte dalla distruzione?

Due famosi ritratti della pittura italiana raccontano come, insieme a migliaia di altri capolavori, uscirono indenni dalla Seconda Guerra Mondiale. Il salvataggio fu messo in atto da un pugno di giovani funzionari italiani delle Belle Arti, il cui coraggio e dedizione sono rimasti nell’ombra fino a pochi anni or sono. All’inizio protessero le opere dai bombardamenti nascondendole in luoghi sicuri, distanti dalle città in cui la guerra seminava morte e devastava chiese, palazzi storici e monumenti; poi, dopo l’armistizio, con pochissimi mezzi e a rischio della propria vita cercarono di metterle al riparo dall’avanzare della linea del fronte e da possibili razzie.

Molti sono stati gli umili eroi di questa fuga per la salvezza, che si è svolta incessante dietro le quinte del conflitto. Qui si racconta di Pasquale Rotondi, che in due rifugi nelle Marche mise in salvo migliaia di opere del Nord Italia; di funzionari ministeriali come Lavagnino, Argan, Lazzari, che quando nessun posto in Italia era più sicuro, pur privati di ogni incarico dal nuovo governo della Repubblica di Salò riuscirono a ricoverarne una parte all’interno del Vaticano; dell’odissea delle opere d’arte napoletane, portate via da Montecassino dove erano nascoste poco prima che l’abbazia venisse rasa al suolo; dei capolavori dei musei fiorentini, trafugati dai nazisti e recuperati prima che passassero il confine; di due giovani studiose, Palma Bucarelli e Fernanda Wittgens, che unendo competenza e sprezzo del pericolo salvarono i capolavori loro affidati; infine, dei tentativi di restaurare ciò che sembrava irrimediabilmente perduto. Anche se non tutto si è salvato, è grazie a loro che possiamo ancora ammirare e mostrare al mondo i Caravaggio, i Giorgione, i Raffaello.

Il generale Clark disse che fare la guerra in Italia era come combattere in “un maledetto museo”. Quel museo è sopravvissuto, e se da un lato continua a raccontare la storia della nostra identità, dall’altro trasmette immutato a chiunque venga a visitarlo nei musei e nelle piazze italiane il valore universale della bellezza.

«Quando crolla una civiltà e l’uomo diventa belva, chi ha il compito di difendere gli ideali della civiltà? I cosiddetti “intellettuali”, cioè coloro che hanno sempre dichiarato di servire le idee e non i bassi interessi. Sarebbe troppo comodo essere intellettuale nei tempi pacifici, e diventare codardi, o anche semplicemente neutri, quando c’è pericolo»
(Fernanda Wittgens, lettera dal carcere, 1944)

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here