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Marco Bellocchio e il suo “Diavolo in corpo” al Bif&st 2024

Still dal film “Diavolo in corpo”

Quarto giorno di programmazione del tributo che il Bif&st 2024 dedica a Marco Bellocchio con la proiezione di 17 film da lui scelti personalmente, accompagnati da 9 incontri con il regista. Oggi è stato il turno di “Diavolo in corpo” (1986), un’opera spartiacque nella carriera del grande regista, come ha subito osservato il critico Enrico Magrelli, introducendo l’incontro cui ha preso parte anche la psichiatra Annelore Homberg.

“‘Diavolo in corpo’ è un film importante per tanti motivi, segna una svolta nel lavoro di Marco Bellocchio, rappresenta una cesura molto precisa dopo la quale si apre un nuovo periodo della sua carriera che si concluderà otto anni dopo con ‘Il sogno della farfalla’. Un periodo segnato dalla sua frequentazione della psicoanalisi di gruppo, e più in particolare, dal suo rapporto con lo psicoterapeuta Massimo Fagioli”.

Annelore Homberg ha subito osservato come il film “mi ha fortemente danneggiata, ma lo dico a fin di bene. In qualche modo ha contribuito alla mia separazione dal compagno con cui stavo all’epoca e con il quale lo vedemmo a Roma, quando uscì. E ricordo molto bene anche tutte le polemiche che ne seguirono. Io avevo solo l’impressione, aldilà di tutto, di aver visto un bel film”.

“Le polemiche furono effettivamente molte – ha ricordato Marco Bellocchio – fui accusato di aver portato uno psicoterapeuta sul set di un mio film, di esserne stato plagiato e insieme di aver rappresentato una fellatio sulla schermo. Dopo aver girato ‘Enrico IV’ e aver avuto momenti alterni di vicinanza e allontanamento dall’analisi collettiva, avevo il desiderio di raccontare in un film il rapporto vero e profondo tra un uomo e una donna che, fino ad allora, avevo rappresentato in modo indiretto. Mi rendevo conto, però, di quanto fossi impreparato sul tema in questione e quindi ne discussi con Massimo Fagioli ma inizialmente non avevo pensato di coinvolgerlo direttamente nella lavorazione del film. Volevo, però, davvero andare in profondità al riguardo e in questo senso la sua partecipazione, che fu graduale, con una presenza dapprima lontana e poi sempre più vicina, si rivelò infine strategica. Mi presi un grosso rischio, la stampa e non solo mi attaccarono per questo, si sollevò addirittura la possibilità che lui fosse denunciato per circonvenzione d’incapace. Infine, entrai anche in conflitto con il produttore del film, Leo Pescarolo, che una volta visto il materiale girato, voleva stravolgerlo personalmente in fase di montaggio. C’è da dire che Pescarolo era un tipo piuttosto iracondo e che non sopportava Massimo Fagioli. Furono i co-produttori francesi, infine, ad imporsi e a quel punto il produttore si ritirò. Detto tra parentesi: il film in Francia ebbe un grandissimo successo! Io considero ancora oggi la lavorazione di ‘Diavolo in corpo’ un’avventura straordinaria e la dedica a Massimo Fagioli che si legge nei titoli di testa come un atto dovuto, perché il suo apporto fu fondamentale. Ma mi sono sempre rifiutato di dire ciò che era suo, nel film, e ciò che era mio, il film è lì e basta. Mi sono assunto un rischio, lo so. Però so anche che, se il film l’avesse girato solo Massimo Fagioli, sarebbe stata tutt’altra cosa”.

“A parte il rapporto personale che mi lega al film – ha raccontato Annelore Homberg – ‘Diavolo in corpo’ è anche un film emblematico del binomio tra passione, attrazione sessuale e morte, tant’è che l’ho mostrato più volte nelle mie lezioni. E poi mi colpì molto la rappresentazione della fisicità dell’atto sessuale, dell’esperienza femminile di accostarsi all’organo maschile con la fellatio che altro non è che un allattamento al contrario”.

“La scena della fellatio fu girata su suggerimento di Fagioli, io non ci avevo pensato – ha ricordato Bellocchio – La sceneggiatura in realtà prevedeva un rapporto sessuale completo. Quando Fagioli me la propose, io risposi: ‘ma sì, proviamo’. Girammo ovviamente in un contesto molto protetto, con una troupe ridotta all’osso, come per tutte le altre scene di intimità”.

Non mancarono i problemi con la censura. Bellocchio ha raccontato che oscurò la scena della fellatio nella copia mostrata all’apposita commissione per poi ripristinarla solo in occasione dell’uscita nelle sale.

“Nel ‘Diavolo in corpo’ – ha osservato Annelore Homberg – c’è il superamento dell’angoscia della donna, esprime un concetto di identità e non di testa in senso ideologico o religioso ma di stretta relazione tra mente e corpo. È un film che dovrebbero vedere tutte le persone interessate alla psichiatria!”.

 

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