Ritorno alla regia dopo “Paradiso Amaro” per Alexander Payne con “Nebraska”, presentato in anteprima al 66° Festival di Cannes
Bruce Dern interpreta Woody Grant, vecchio padre di famiglia convinto di aver vinto un milione di dollari grazie al concorso della Mega Sweepstakes Marketing. Per ritirare il premio decide di viaggiare dal Montana fino a Lincoln, in Nebraska.
Nonostante le opposizioni della moglie Woody parte per questo viaggio in bianco e nero, accompagnato dal figlio minore. Anche lui come il padre non è riuscito a sfondare nella vita e lavora ancora in un negozio di home video senza nessuna prospettiva né futuro, a differenza del fratello più grande che sta per raggiungere la notorietà come giornalista televisivo.
Un viaggio in macchina che segna l’avvicinamento di questi due personaggi, simili e incompresi anche dai loro cari, non solo dalla società in cui vivono. La riscoperta dei legami, delle radici, forniscono le risposte a quelle amletiche domande che ci poniamo, “da dove veniamo?”, “e perché siamo al mondo?”, in un affresco grottesco simbolo della cinematografia di Payne, con le famiglie sbandate e in crisi, in conflitto fra di loro ma con la voglia di trovarsi, e superare le difficoltà insieme.
Lento e costante, il film “Nebraska” di Alexander Payne è un crescendo di sensazioni ed emozioni che ti coinvolgono, facendoti affezionare ai personaggi, in particolare a Woody, reietto della famiglia che ritrova un legame con il figlio durante il viaggio, anche grazie al passaggio nel paese natio, Hawthorne.
Un rapporto che fa riflettere e pensare, che tocca il cuore di ognuno di noi, pur essendo totalmente diversi dai protagonisti del racconto, dove il bianco e nero conferisce quel tocco nostalgico a tutta la narrazione, rendendo “Nebraska” un film che lascia il segno.
Nelle sale il 16 Gennaio, distribuito da Lucky Red.
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ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA
Maurizio Porro, Corriere della Sera
Alexander Payne, il miglior regista di perdenti su piazza, ci racconta una storia On the road ma intimista, scritta da Bob Nelson, soffusa, fatta di niente e di tutto, con importanti pause, con l’insegna al neon psicologico della malinconia (…) Per Bruce Dern (…) un’interpretazione di rara sensibilità (…) Strepitosa anche l’interpretazione del figlio Will Forte che esprime al meglio l’anonimato 40enne e al pulsione piccolo borghese.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero
Un bellissimo film sul tempo (…) il tempo al cinema si racconta con lo spazio. E Payne usa a meraviglia i grandi spazi vuoti dell’America profonda, le case di legno che si stagliano contro i vasti paesaggi vuoti, gli edifici bassi di quelle piccole città senza storia. Pagine quasi bianche su cui scrivere l’ultimo capitolo di una vita ancora da raccontare prima che sia troppo tardi. Con tenerezza e ferocia, schivando il pathos ma anche l’irrisione.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa
Un piccolo gioiello in bianco e nero (magnifica la fotografia di Phedon Papamichael), malinconico, ironico, illuminato da un ottimo cast (…) in cui spicca Bruce Dern incantevole per asciutti tempi comici e agre coloriture drammatiche.
Paolo D’Agostini, la Repubblica
(…) Tante coordinate convergono nella nuova prova di Alexander Payne, il regista di A proposito di Schmidt, Sideways, Paradiso amaro, che Martin Scorsese in una recente lettera aperta a sua figlia cita con i due Anderson – Wes e Paul Thomas – tra i maggiori innovatori del cinema americano contemporaneo (…).
Federico Pontiggia, Cinematografo.it
Padre, figlio e on the road dell’anima nell’America profonda: il miglior film di Alexander Payne.
Marzia Gandolfi, MYmovies.it
Una ballata folk sulla strada tra dramma e commedia, un’indicazione lirica verso le radici e verso i padri.
Antonio Cuomo, Movieplayer.it
Con Nebraska Payne costruisce il suo film più riuscito, un malinconico road movie esaltato dall’abilità dei suoi interpreti, su tutti un Bruce Dern in stato di grazia.
Federico Gironi, ComingSoon.it
(…) Brutto, Nebraska di certo non è. Nebraska è carino. È il film che si presenta senza patemi ai genitori, che magari si apprezza anche sul momento, che regala certezze borderline con la noia, ma per il quale non si perderà mai la testa con la pancia e con il cuore come per il cinema più irregolare e conflittuale.
Giorgio Viaro, BestMovie.it
(…) Film piccolo e buffo, con momenti di sincerità disarmante (grazie a Dern), ma anche un plotone di discutibili macchiette “coeniane” (per esempio la signora Grant, o i due cugini prepotenti) che stanno lì a far mucchio e minutaggio, Nebraska ha il difetto principale di arrivare poco dopo un film assai più riuscito nel sovrapporre provincia, passato e fallimenti esistenziali, come Young Adult, che evitava qualsiasi consolazione posticcia (…).
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