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Iain Pears presenta “L’uomo caduto dal tetto del mondo” al Noir in Festival

“Il governo britannico sta tagliando i fondi per l’Università e la cultura, e sono stato molto coinvolto nella lotta per combattere tutto questo”. È Iain Pears che parla. Scrittore, giornalista, critico d’arte e autore di “L’uomo caduto dal tetto del mondo”, presentato ieri assieme a Ranieri Polese nell’ambito degli incontri de La Camera Buia.

Un libro che parte dal 1953, con il funerale di una donna, e poi torna indietro nel tempo, per trovare una verità che ci racconta la storia di una famiglia, ma anche la storia di una crisi economica, quella intorno alla fine del 1800, così simile alla crisi che stiamo vivendo noi in questi giorni.

“Ho iniziato a scrivere questo libro, tre anni prima che la crisi attuale avesse inizio. Uso molto nei miei libri la Storia perché a me interessa capire il presente, trovare analogie e le differenze. Oggi i banchieri sono tutti economisti. Se conoscessero la storia del 1890, probabilmente la situazione attuale di tutti noi sarebbe migliore”.

Iain Pears conosce bene l’Italia. Inviato in Vaticano per la Reuters (“cercavano un giornalista che avesse anche conoscenze artistiche”), è diventato giornalista finanziario. Ma ben prima ha lavorato in una fabbrica della FIAT “e questo mi è molto servito quando sono venuto a fare il corrispondente. In genere dell’Italia interessano solo gli aspetti folkloristici, la mafia, la burocrazia eccessiva, la corruzione. Io invece conosco anche un’altra Italia, quella della laboriosità della creatività. Ma a poca gente interessavano questi articoli. Si cerca sempre lo stereotipo. Nei miei libri uso spesso i giornalisti. Sono persone che pensano di sapere tutto, ma in realtà loro sanno solamente tutto quello che gli dicono, e se gli si raccontasse veramente tutto, poi non potrebbero raccontarlo”.

Ed è quindi una tanto spasmodica quanto vana ricerca della verità, uno dei tratti peculiari dei libri di Pears, sia dei romanzi che vedono come protagonista l’ispettore Taddeo Bottardi, ambientati nel mondo dell’arte, sia in questo “L’uomo caduto dal tetto del mondo”, “scrivo i libri seguendo una sorta di modello scientifico, in cui ci sono dei fatti a cui viene data una spiegazione che funziona fino a quando non si trova una spiegazione migliore. Nei miei libri, al contrario di quello che avviene nei gialli tradizionali dove si cerca di imporre una verità, esiste sempre l’opzione per la quale  quello che si scopre possa non essere vero. Mi piace citare la storia di un famoso falsario romano, che confessando i quadri da lui dipinti, ha incluso anche alcuni quadri che sono sicuramente originali. La sicurezza della verità assoluta, non la si può avere mai”.

Il rapporto con la verità, l’etica del giornalista, e ovviamente ci si trova a parlare di Wikileaks. “Io credo che il ruolo di Wikileaks sia fondamentale. Il solo rischio che si corre è che venga data autorevolezza a dispacci scritti in base a chiacchierate informali. Per il momento si tratta di una situazione interessante, e poco di più. Ma sicuramente l’immagine di Assange non corrisponde al modello tipico del giornalista americano”.

Info: www.noirfest.com

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